Non puoi dire "è il mio processo" ogni volta che procrastini...
... Ah no? Trovare un romanzo, o anche solo un metodo | Un'estate di scrittura #2
Quest’estate di scrittura per me si sta rivelando grigia e piovosa quanto e se non più dell’autunno (c’est la Belgique, dicono da queste parti con sospiri rassegnati in tipico spirito belga, mentre io dentro gioisco perché pioggia batte caldo, sempre), quindi la parte “estiva” al momento è un tantino tirata per i capelli, ma la parte “scrittura” almeno procede, ed è quella che in questi post ci interessa davvero.
Nella prima parte ho parlato di ispirazione, di originalità e di quello che di solito si nasconde dietro la ricerca delle “buone idee”; abbiamo anche stabilito che avere un’idea è la parte facile, mentre più difficile è cercare di realizzarla. Quindi oggi, anche per me, le cose si fanno più ardue, perché stavolta cerco di rispondere a chi mi ha chiesto qual è il mio processo per mettere su una storia e come faccio brainstorming per un libro. Domanda che cade a puntino, visto che sono alle prese proprio con l‘ideazione di un romanzo nuovo in questo periodo.
Spoiler: ci sono di mezzo un sacco di piantini :)
Ancora una volta, Disclaimerino Importante™️: questi post parlano del mio processo e del mio modo di vivere la creatività. Per qualcunǝ potranno essere utili, per un altrǝ no, perché magari avrà un’altra visione e un altro modo di fare le cose. Non c'è un unico modo di scrivere il libro e ancora meno un metodo giusto. C'è solo il metodo che funziona, e che funziona in quel momento.
Let's go.
Il vostro amichevole goblin agente del caos
Reader, io lo dico subito: se cercate qualcuno da cui prendere ispirazione per un bel metodo lineare in stile “Dall’idea al romanzo in 3 semplici passi” sono sicura che là fuori troverete tantissimə volenterosə, gente che ha craccato il codice e adesso offre al mondo la stessa conoscenza, e che saprà dare spunti più rassicuranti dei miei. Quel qualcuno non sono io.
Io vorrei, vorrei davvero tanto, poter lavorare in sequenze precise, dove come prima cosa c'è il brainstorming, poi la ‘scaletta', poi la prima stesura e poi la seconda e poi la revisione, con le barrette di completamento che pian piano avanzano verso il 100% (cosa sono le barrette, si mangiano).
Ma no: sono un goblin agente del caos. La buona notizia è che negli anni ho imparato ad accettarlo e a lavorarci intorno invece che contro, perché, sostanzialmente, nonostante tutto, per qualche miracolo divino, il caos funziona. Quindi, perché aggiustare qualcosa che non è rotto?
Offro però biscotti e comprensione: non buttatevi giù se la fase in cui un’idea passa dallo stato grezzo a quello di potenziale storia (o qualsiasi altra fase del processo, a dirla tutta) non è lineare, se è fatta di un passo avanti e tre indietro. Anzi, probabilmente è più comune che sia così del contrario. Dare vita a nuove storie è un po’ come infilare le mani in un maelstrom indefinito e cercare di modellare qualcosa. Ci sta andare anche a tentoni, ci sta che non sia sempre semplice, ci sta non avere tutto chiaro fin da subito. Ci sta.
Come trovo una storia: caos in 10 fasi
Buona parte del mio lavoro creativo avviene nella mia testa prima ancora che sulla pagina: tendo a rimuginare, soppesare e rigirare un’idea diecimila volte, prima di metterla in atto. La ruminazione mi serve per scrivere qualcosa di cui io per prima sia soddisfatta, ma al tempo stesso mi è impossibile capire se qualcosa funziona finché non lo metto in parole, nero su bianco, in scena sulla pagina. Questa significa due cose: che per mettere a punto un’idea ho bisogno di tempo; e che non posso mai del tutto separare la fase di “pianificazione” da quella di stesura.
Se dovessi distillare le varie fasi del mio processo, direi che più o meno le cose funzionano così:
Il luccichio di qualcosa di nuovo. Un’idea mi stuzzica: che sia un personaggio, una situazione, un dettaglio, un ambiente. Ci rimugino un (bel) po'. Faccio una bacheca Pinterest (siano lodate le bacheche Pinterest).
Entusiasmo: cosa mi attira? Definisco le vibes che sto cercando e cosa mi attira di questa potenziale storia: quali immagini? Quali elementi da raccontare? Quali dinamiche/atmosfere/avventure? Questo di solito è il momento in cui arriva un personaggio, ed è un momento fondamentale perché per me i personaggi sono tutto - sono l’inizio, il cuore e la fine di ogni storia. Se ho almeno un buon personaggio so che, da qualche parte, c'è il potenziale per una buona storia.
Io ci provo: primo test. Butto giù una scena, idealmente quella di apertura, anche senza avere molti elementi precisi in mano. Sono ancora nell’ambito del ‘no plot, just vibes'. Questo mi serve però come primo test pratico per cominciare a visualizzare la storia in modo più concreto e capire se il personaggio ha in sé un conflitto abbastanza interessante e una voce abbastanza forte.
Ci può stare? Se questa scena mi soddisfa, ovvero se averla scritta mi ha dato nuovi spunti e fatto intravedere interessanti possibilità future (anche se poi la scena in sé la butterò), allora inizio a trasformare le vibes in qualcosa di più concreto e a fare brainstorming sulle premesse vere e proprie della storia: conflitti, tematiche, personaggi comprimari, storie pregresse, spunti di trama e simili.
Piantino e passi indietro. A questo punto, è facile che qualcosa non mi convinca e arrivano i primi piantini e le prime incazzature. È il momento in cui le persone a me vicine devono sorbirsi tutta una serie di lamentele da drama queen il cui denominatore comune è “non sono più capace di scrivere!!”. Metto la storia da parte per un po’, mi asciugo le lacrime e mi dedico ad altro, probabilmente un racconto o un’altra storia che in quel momento è in una fase diversa del processo. Durata: alcune settimane, oppure 1-2 mesi.
Ci riprovo. Riprendo in mano la storia con occhi più freschi. Di solito, qui capisco dove stava l’inghippo e cos’era che non mi convinceva. Modifico e riadatto di conseguenza. Vado avanti con la scrittura dei primi capitoli mentre continuo in parallelo a esplorare il passato dei personaggi, lavorare al world-building e farmi venire altre idee per la trama.
Aggiusto, cancello, rimaneggio. Se durante questo lavoro di esplorazione trovo premesse migliori di quella iniziale (un’ambientazione diversa che funziona meglio, relazioni e situazioni e personaggi a cui non avevo ancora pensato), torno indietro e riscrivo. In genere, passando almeno attraverso un nuovo round di lamentele e piantini.
Le “giuste” premesse. Ripeto i passaggi finché non sento di aver trovato le premesse giuste. Come so che sono giuste? È soprattutto una sensazione di pancia, ma in genere accade quando la smetto di tornare al punto 5 e ho, finalmente, scritto un intero primo atto che sento solido, con archi narrativi ben delineati, conflitti interessanti, domande aperte stuzzicanti e, soprattutto, un cast di personaggi capaci di spiccare.
Sinossi. Il test definitivo è scrivere una sinossi operativa che delinei l'evolversi della storia dall’inizio alla fine nei suoi snodi principali, in particolare il modo in cui si intrecciano i conflitti narrativi e gli obiettivi dei personaggi. Nel momento in cui sono in grado di scrivere una sinossi così da 1-2 pagine, mi sento di dire che il più è fatto. Il caos ha preso forma.
Ho una storia da scrivere 🥹. Entro nella fase di stesura vera e propria. Anche questa ha le sue sfide, ma in genere è molto più spedita.
Il motivo per cui ho dettagliato tutto questo laborioso processo non è per convincere nessuno della sua bontà, né tantomeno come ispirazione da seguire. Ogni autorə che conosco ha i suoi metodi, le sue fasi, i suoi strumenti e la sua dose di piantini (reali o metaforici che siano), per arrivare all’obiettivo a cui tuttə puntiamo: tenere tra le mani un buon romanzo.
Ma trovare il proprio processo è un lavoro continuo e non finisce mai davvero. Anche ciò che in passato ha funzionato potrebbe d’un tratto smettere di farlo e costringerci a rimettere tante cose in discussione. L’unica cosa da fare è sperimentare, prendere ispirazione dei metodi altrui più vari (barrette ai cereali comprese) e continuare a provare; soprattutto, non avere troppa paura di fare le cose a modo proprio e non fossilizzarsi troppo sull’idea di dover seguire per forza un certo schema o una certa timeline, o conformarsi a una certa regola. Per esempio, conosco persone per cui tornare indietro e rileggere ciò che hanno scritto equivale a impantanarsi nelle sabbie mobili, e altre che senza rileggere e aggiustare in corso d’opera non porterebbero mai a termine la stesura un romanzo.
Una nozione tossica di cui io sono stata a lungo vittima, e che solo recentemente ho imparato ad accettare, è l’idea di “perdere tempo": perché il mondo è veloce e il mercato editoriale ancora di più, perché l’idea di dover essere sempre più efficienti e performanti è parte del sistema capitalistico, e perché ci sembra di vedere chiunque finire romanzi, pubblicarli, andare avanti più rapidamente di noi. Ma il tempo è una componente importante quando creiamo e di cui non possiamo davvero fare a meno. A me il tempo serve per lasciar sedimentare le idee e farle macerare, andare oltre quelle più banali, scovare gli intrecci e le tematiche che davvero mi interessa raccontare, e così via. Per anni ho provato a cercare scorciatoie e ad accorciare le tappe così da essere più “produttiva”, ma non ha mai funzionato. L’unico risultato è stato sempre e solo dover ricominciare da capo.
E poi, niente è mai davvero “perso” quando si tratta di scrittura, neanche le cinquantamila parole buttate prima di trovare le cinquemila che funzionano. L’unico tempo davvero perso è quello passato a non scrivere.
L’unica cosa è che - come nel meme che dà il titolo al post - il confine tra dare alle idee il giusto respiro e scivolare nella procrastinazione a volte è molto sottile.
Ho imparato che per me a fare differenza è la paura: se il tempo si dilata perché sto iniziando ad avere paura (paura di non riuscire a finire, paura di non essere capace, paura di scrivere schifezze, paura di non piacere) allora so che non è più macerazione, ma solo procrastinazione. In questo caso riconosco la paura per quello che è, mi rimbocco le maniche e mi metto a scrivere lo stesso.
Sì, ma… in pratica?
Di tecniche e strutture su cui impalcare una storia ce ne sono a bizzeffe, dalla struttura in tre atti agli archi di trasformazione del personaggio, viaggio dell’eroe e dell’eroina e così via. L’invito è ovviamente a conoscerle ed esplorarle. Qua mi limito a menzionare alcuni accorgimenti pratici che a me aiutano sempre a districarmi tra i pantani delle mie caotiche 10 fasi.
What if. Scontato, magari, ma sempre prezioso. Niente riesce a battere il semplice potere di un buon “e se…?”. È valido in qualsiasi contesto quando mi sento bloccata o non so bene che scelte fare. E se cambio questo elemento? E se la scena invece la ambiento di là? E se la mia protagonista agisse così? Oppure cosà? E se, e se…
Ferite originali. Ho già detto quanto per me i personaggi siano fondamentali, tanto che anche le mie trame più complesse girano sempre intorno a loro. Sono la mia bussola ogni volta che devo decidere quale direzione prendere. Per questo cerco sempre di avere ben chiari i loro conflitti esterni (l’obiettivo), quelli interni (le cosiddette ‘ferite originali’) e come i due aspetti interagiscono tra loro al fine di portare avanti la storia.
Ozio creativo. In questa caotica fase di brainstorming, per me è importante ricordare che non tutto il lavoro di scrittura avviene davanti alla pagina e alla tastiera. I momenti di ‘ozio creativo', ovvero quei momenti passati a fantasticare, a perdersi nei propri pensieri mentre si fa la spesa, si cucina, si passeggia o ci si dedica a una qualsiasi attività meccanica, sono importanti per ogni fase del processo, ma in questa fase per me lo sono ancora di più. Quindi mi organizzo per averne ancora più del solito nelle mie giornate.
Pitch. Saper mettere su un buon pitch - ovvero poche frasi che riassumano la premessa centrale della storia - è un’abilità da non sottovalutare. Io ci sono arrivata tardi, anche perché non è la prima cosa a cui pensi mentre scrivi il tuo primo romanzo; ma è uno strumento che vale la pena imparare a padroneggiare, indipendentemente dal fatto di usarlo per proporre un romanzo o no, perché aiuta molto a individuare le premesse narrative. Nelle fasi di brainstorming mi aiuta averne uno breve (1-2 frasi) e uno più lungo in stile quarta di copertina, a cui tornare di tanto in tanto per non perdere di vista l’idea centrale.
La famigerata scaletta, come potete vedere, non è parte del mio pacchetto. Semplicemente, in questa fase non mi è utile. La sostituisco con una sinossi a maglie larghe e la uso invece per aggiustare i dettagli dopo, durante la revisione.
Risorse interessanti
Libri e simili:
Save the Cat (solo in inglese). Le risorse pubblicate sotto l’ombrello del gattino da salvare sono tante e non tutte eccelse, ma io ho sempre trovato particolarmente semplice e utile Save the cat writes a novel, di J. Brody.
Story Genius, di L. Cron. Questo mi è piaciuto perché invece di concentrarsi sul “come” usare le tecniche, si concentra sul “perché” possono essere utili
Fire up your writing brain, di S. Reynolds (solo in inglese). Un praticissimo manuale a cui mi rivolgo spesso, con tantissimi spunti su tecniche, esercizi e trucchetti per allenare il cervello alla scrittura e trovare i metodi per ognunə più congeniali.
La via dell’artista, di J. Cameron. Utilissimo per sopravvivere a momenti di sconforto e piantini vari :')
Podcast:
Edday - Quali sono le regole più importanti per costruire una storia?
L’intera Stagione 12 di Writing Excuses (solo in inglese), in particolare le puntate su: Structure During Discovery, Structure in Outlining, Structuring a Novel, Series and Serials
Questo post è stato molto denso, pfffiu! E caotico, tanto per restare in tema. Se hai commenti, esperienze simili, dubbi… Parliamone! Ti va di raccontarmi il tuo metodo? Sei più goblin o barretta?
Ci leggiamo tra due settimane con la Parte 3, e una domanda esistenziale che non smette mai di far parlare: come si impara a scrivere?
✨ -Vale
Questa serie di riflessioni sulla scrittura mi piace sempre di più. Grazie per aver condiviso il tuo metodo di lavoro. Da tempo mi affido alla rigidità di schemi, scalette e simili e di recente mi sono reso conto che potrebbero aver imbrigliato un po' la creatività (oltre che il piacere in sé di abbandonarsi al caos di una storia). Penso che rileggerò spesso il tuo elenco e questa newsletter (comprese le risorse!), per riflettere su come mettere in discussione il mio metodo di lavoro.
Oddio, ma siamo praticamente uguali. Il mio processo creativo è molto simile al mio, anche se io tendenzialmente vado avanti, seguendo quello che la storia "mi dice". é abbastanza difficile che mi blocchi durante il processo di stesura, però so che dovrò lavorare molto durante la revisione o l'editing per far quadrare tutto (anche se anche io tendo a tornare indietro e a modificare le cose se ci sono stati dei cambiamenti in corso d'opera)