Le idee si vendono un tanto al mucchio
Sul trovare e sviluppare le idee | Un'estate di scrittura, Parte 1
Quando ho chiesto quali argomenti avreste voluto vedermi approfondire nella newsletter, sono rimasta sorpresa nel vedere quante risposte girassero intorno al tema delle idee: dove trovi le idee? hai consigli per metterle in pratica se non si padroneggiano tanto gli strumenti? tu come le sviluppi, qual è il tuo processo?…
Pensandoci, però, non è così strano: le idee sono il punto di partenza di qualsiasi processo creativo e ho anche l’impressione che, tra i tanti aspetti della scrittura, siano quello più difficile da inquadrare davvero.
Perciò eccomi qui a parlare di idee e a cercare di rispondere alla domanda più temuta da scrittorə in ogni dove, come anche Gaiman ci ricorda (se masticate l’inglese guardate il video, intanto perché risponde diecimila volte meglio di quanto potrei mai farlo io, e poi perché sentire Gaiman che parla di ispirazione e immaginazione è sempre un balsamo per l’anima).
Visto il video? È il momento allora del Disclaimerino Importante™️ che ripeterò fino allo sfinimento: ciò che scrivo in questi post parla del mio processo, del mio modo di vivere la creatività, del mio punto di vista. Qualcunǝ potrà trovarci spunti utili, altrǝ no. Non c'è un unico modo di scrivere il libro e ancora meno un metodo giusto. C'è solo il metodo che funziona, e che funziona in quel momento.
Il valore delle idee
Parto con una verità brutale che ogni scrittorǝ, prima o poi, finisce per imparare. Via il cerotto e non pensiamoci più: le nostre idee non valgono niente. O comunque valgono molto meno di quanto si pensi.
Ideas are cheap dicono gli americani o, per dirla in termini più nostrani, le idee si vendono un tanto al mucchio. Significa che chiunque può avere una buona idea e che le idee, se prese da sole, raramente sono garanzia di originalità o di saper dar vita a una buona storia. Farsi venire un’idea, insomma, è la parte facile.
Personalmente questo mi fa tirare un enorme sospiro di sollievo, perché significa anche smettere di arrovellarsi alla ricerca di quell’idea stratosferica e inimitabile che nessuno ha mai avuto prima, uscire dalla paralisi mentale e concentrarsi invece su ciò conta davvero: il modo in cui prendiamo un’idea e la coltiviamo, la facciamo nostra e la realizziamo.
Si lega un po’ al temuto discorso sull’originalità. Vi è mai capitato di leggere un romanzo che, sulla carta, sembrava qualcosa di davvero interessante e mai visto prima e poi, alla prova dei fatti, lo avete trovato banale e derivativo?
Questo è perché l’originalità non viene mai dalle idee in sé. Viene da noi, da chi scrive. Viene da quel salto nel vuoto che accetti di compiere quando non cerchi più di ricreare opere e sensazioni che hai amato altrove e ti azzardi invece a raccontare un’idea nel modo in cui puoi fare solo tu, accettando il rischio che possa spiccare il volo ma anche venir fuori uno schifo.
È il motivo per cui in genere tendono a piacerci tutti i romanzi di unǝ stessǝ autorǝ, o per cui un libro marketizzato come ‘simile a [inserire titolo famoso qui]’ finisce talvolta in delusione. Perché, spesso, ciò che rimane più impresso di una storia nel lungo periodo non è tanto la “premessa” del libro in sé, ma la cifra stilistica con cui quella storia è stata raccontata: il modo in cui sono tratteggiati i personaggi, le atmosfere, il tono, l’uso dei dialoghi, il sotto testo, i temi.
Ma eseguire un’idea in modo originale è molto più difficile che semplicemente averla.
Quando penso a Di Cenere e Ombra, il mio romanzo di esordio, sono la prima a dire che non si basa su nessuna idea particolarmente originale. È stato (letteralmente) il primo romanzo che ho scritto e, in quel momento, l’unica cosa che mi interessava era giocare anch’io con gli stessi giocattoli che avevo visto in mano ad altrə autorə. Una ladra protagonista, il capo criminale del passato tormentato… Sono cose già viste un sacco di volte.
Ma ricordo anche un momento preciso durante stesura in cui questi elementi hanno smesso di sembrarmi ‘presi in prestito’ e ho iniziato invece a sentirli miei, e di conseguenza a dissociarmi da ciò che avevo visto e letto altrove e a scrivere la storia come la volevo io. E credo che quel che lə lettorə hanno più apprezzato della saga (le relazioni tra i personaggi; linee sfumate tra i ruoli vittima-carnefice; relazioni affettive poco canoniche; il mondo e il sistema magico) sia nato da quel preciso momento.
Copiare… o rubare?
Copiare dai libri che abbiamo ammirato, soprattutto alle prime armi, è normale. Del resto si impara (anche) per imitazione, e cercare di ricreare le sensazioni, le svolte e i personaggi delle storie che già abbiamo amato è un istinto naturale, anche perché magari inconsciamente crediamo che quello sia il modo più giusto di fare le cose (non fa male ripeterlo: un modo “giusto” in assoluto non c’è). Il problema è che, quando copiamo, è abbastanza garantito che le cose sapranno di già visto, indipendentemente dalle migliori idee che potevano esserci alla base.
Il saltino di qualità si fa imparando a rubare.
Rubare non significa plagiare, ma l’esatto contrario. Significa prendere qualcosa e farla propria. Trasformarla, rivitalizzarla e renderla unica. Penso che se c'è una singola cosa che aiuta davvero a trovare idee nuove e interessanti sia questa: imparare a prendere ispirazione da qualsiasi cosa ci circonda o che leggiamo/guardiamo/consumiamo, assimilarla per bene e poi risputarla fuori in qualcosa di diverso e più personale.
È un esercizio continuo e tutt’altro che facile.
Mi ha fatto molto riflettere questa domanda ricevuta su Instagram:
Come ti rapporti con i lavori di altri scrittori, specie se sono buone idee che vorresti aver scritto tu?
Risposta sincera sincera? Non ho mai provato invidia verso le buone idee altrui. Ecco però una lista non esaustiva di tutte le cose che invece invidio spesso: lo stile di scrittura, i dettagli di caratterizzazione, l’uso delle metafore, le atmosfere, la struttura narrativa, il tono di voce, il modo in cui è costruito un colpo di scena… e così via.
(Normalizziamo l’invidia sana e non tossica, intesa come bussola per capire quello che desideriamo e impegnarci per arrivarci, senza sminuire chi quel qualcosa ce l’ha già.)
I motivi per cui non provo invidia verso le idee sono due. Il primo è perché so che la stessa idea, in mano mia, verrebbe fuori in un modo completamente diverso, quindi compararsi non ha senso. Il secondo è che se qualcosa mi colpisce così tanto da solleticarmi l’ispirazione… Lo rubo.
E per rubare, intendo: ne faccio una bella nota, la infilo nella mia personale compostiera (sempre Gaiman, sì), la lascio macerare, magari la combino con qualcos’altro che già aveva la mia attenzione, e alla fine… provo a farla mia.
Sì, ma … in pratica?
Per tornare alla domanda iniziale: come si trovano le idee? come stimolare la giusta ispirazione? I meccanismi dell’ispirazione sono molto variabili, quindi è difficile ridurli a nozioni pratiche. Ecco però alcune cose che personalmente mi aiutano molto.
Prestare attenzione: alle nostre esperienze, al mondo che ci circonda, alle storie che leggiamo, a cosa ci piace e a cosa ci respinge… Un po’ a tutto, insomma. Per me significa soprattutto rendersi conto che come creativə siamo spugne e che tutto ciò che viviamo nella nostra quotidianità sarà il materiale con cui costruire le nostre storie. Vale quindi la pena imparare a esserne consapevoli per poter capire come usarlo nel modo migliore.
Leggere in modo vario, sopratutto in termini di stili e voci. Il discorso della spugna vale anche per il tipo di libri che consumiamo. Sapere che tutto quello che leggo o guardo finisce nella mia personale compostiera creativa mi spinge a cercare di renderla il più varia possibile. Spesso, tante buone idee le ho trovate dove mai mi sarei aspettata.
Leggere non-fiction. Simile a sopra, nel senso che i motivi per cui vale la pena avventurarsi nella non-fiction sono gli stessi, ma in generale trovo che i saggi su argomenti specifici in tema con la storia che stiamo scrivendo siano una fonte incredibile di dettagli e nuove idee.
Tenere un “quaderno delle idee”. In realtà più che un quaderno io ho una nota sul telefono e una bacheca pinterest, ma il concetto è lo stesso. Non appena qualcosa mi colpisce prendo e segno, non importa quanto appaia assurdo o scollegato o apparentemente senza importanza in quel momento. Non si sa mai.
Tenere un reading journal. Per me il reading journal è un quaderno dove annotare a mano tutte le impressioni sui libri che leggo, in particolare cosa mi è piaciuto, perché qualcosa mi ha colpito, se ci sono particolari dettagli che ho apprezzato; oppure, se qualcosa non ha funzionato cerco di analizzare perché. È una cosa molto diversa dal fare recensioni per il pubblico. Si tratta più di uno strumento ‘bussola’ che uso per notare elementi utili e tenere allenato l’occhio ‘tecnico’. Mi aiuta a capire quali elementi di storytelling tendo di più ad apprezzare e, di conseguenza, imparare poi a farli miei.
Annoiarsi. Sul serio. So di averlo già detto altrove in questa newsletter, ma se c'è un lusso che il mondo moderno ci ha tolto è quello di potersi annoiare. Annoiarsi costringe a stare un po’ da solə con i propri pensieri (terrificante, lo so), ma anche a immaginare, notare cose nuove, inventare. Quindi ogni tanto mi costringo a farlo, a prendermi lunghi periodi di pausa dai social, a non tirare fuori il telefono mentre sono in fila da qualche parte, a passeggiare senza podcast o audiolibri nelle orecchie, e noto che l’inventiva tende sempre ad aumentare.
Combinare idee. Molte buone idee vengono fuori combinando insieme due o più idee mediocri. Anche questo è un esercizio che di tanto in tanto mi piace fare: prendo i miei elenchi caotici di spunti e mi metto a pensare: se questo lo unisco a questo con un pizzico di quest’altro cosa potrebbe uscirne? Il 90% delle volte non ne viene fuori niente, ma il restante 10% può essere oro.
Risorse interessanti
Libri e simili:
Ruba come un artista, Austin Kleon
Big Magic, Elizabeth Gilbert
Il discorso “Fate della buona arte” tenuto da Neil Gaiman nel 2012 alla University of the Arts a Philadelphia (qui una traduzione in italiano)
Puntate a tema dal podcast Writing Excuses (solo in inglese):
Grazie mille per aver letto fin qui. Spero che questa prima riflessione sul tema delle idee ti sia piaciuta. Se ha dato spunti stimolanti o se c'è un punto su cui vorresti chiacchierare, non esitare a farmelo sapere, qua sotto o nei miei dm!
Per saperne di più su cosa faccio quando si tratta di prendere un’idea e tirarne effettivamente fuori una storia, ci leggiamo tra due settimane nella Parte 2.
Un grazie anche a Neil Gaiman, tirato continuamente in ballo, per la gentile partecipazione 😁
✨ -Vale
Grazie per questa prima puntata! Porto a casa diverse riflessioni interessanti. Concordo sull'invidia sana, inoltre mi hai dato ottimi spunti come il reading journal (prima o poi dovrò provare a tenerne uno). Curioso di leggere la prossima!